Il control freak è una persona che ha un forte bisogno di controllare ogni aspetto della propria e altrui vita. Non lascia spazio all’eventuale imprevisto imponendo il proprio modo di fare in tutte le circostanze. È dominante, autoritario, perfino invadente. Inoltre, è ansioso e spesso preoccupato per il futuro.
Questo atteggiamento, motivato dalla paura del caos e dell’incertezza, genera tensioni nella maggior parte delle relazioni in cui il control freak è coinvolto. Infatti, per il control freak non esiste il libero arbitrio altrui perché tutto deve passare sotto la propria ossessiva attenzione.
Essere un control freak potrebbe sembrare vantaggioso in termini di organizzazione ed efficienza ma a caro prezzo.
Controllare dà una momentanea sensazione di ordine anche se, in realtà, alimenta solo il circolo vizioso dell’ansia: più si controlla, più si rinforza l’idea che ci sia sempre qualcosa per cui stare in allerta. Inoltre, mancando la fiducia negli altri, il control freak non dà a sé stesso l’opportunità di vivere sane relazioni
L’effetto “ironico” della mente, scoperto dallo psicologo Daniel Wegner (1987), si verifica quando si pensa a qualcosa che si vuole evitare e che paradossalmente porta proprio a pensare a quella cosa anziché evitarla. Ad esempio, se qualcuno ci dice di non pensare ad un elefante rosa, è molto probabile che finiremo per pensare proprio a un elefante rosa…
Video estratto dal film Ghostbusters diretto da Ivan Reitman
L’effetto ironico della mente può essere affrontato con alcune strategie:
CONSAPEVOLEZZA – Essere consapevoli della qualità dei propri pensieri è il primo passo per gestirli in modo appropriato
ACCETTAZIONE – Accettare che la mente possa avere pensieri “ironici” o negativi e accoglierli senza giudizio aiuta a ridurre il loro impatto emotivo
DISTRAZIONE – Quando si notano pensieri “ironici” o negativi è buona cosa distrarsi facendo un’attività che richieda di concentrarsi sul momento presente
CAMBIO DI PROSPETTIVA – Cercare di guardare la situazione da un punto di vista diverso può ridimensionare i pensieri “ironici
I “genitori elicottero” sono iperprotettivi nei confronti dei propri figli; li controllano e interferiscono continuamente nelle loro vite. Questo atteggiamento, anche se da molti erroneamente ritenuto una qualità del “bravo genitore”, ha effetti negativi sullo sviluppo psico-affettivo dei figli.
Di seguito 5 possibili conseguenze:
Dipendenza e mancanza di autonomia. Essere costantemente indirizzati dai genitori porta all’incapacità di prendere decisioni in autonomia e ad un’immaturità generale.
Bassa autostima. L’eccessivo controllo fa sì che i figli sviluppino poca o nessuna fiducia nelle proprie capacità e risorse.
Rischio di ansia e depressione. I figli eccessivamente sorvegliati possono sviluppare stati di ansia e/o depressione a causa della costante pressione e delle continue aspettative imposte loro.
NARCISISMO – 6 caratteristiche del narcisista covert
L’idea comune sui narcisisti è che siano esagerati ed estremamente riconoscibili per il loro senso di grandiosità e di superiorità sugli altri. Questa espressione, definita narcisismo overt (manifesto), è molto visibile, più facilmente identificabile e riconoscibile. Ma questa manifestazione del narcisismo non è l’unica. Esiste anche il narcisismo covert (nascosto) che si caratterizza invece per una maggiore insicurezza, vulnerabilità e fragilità di facciata.
Di seguito, 6 caratteristiche tipiche per riconoscere il narcisista covert:
1. Passivo aggressivo
Si prende gioco degli altri attraverso battute. Li incolpa e lavora dietro le quinte per farli fallire e ricavarne vantaggio. Raramente esprime rabbia in modo palese. Appare educato e cortese, sembra accomodante per poi attaccare in modo subdolo.
2. Chiuso e apparentemente timido
Tende ad essere molto insicuro e per questo evita il confronto. Stare lontano dagli altri limita il suo costante bisogno di paragonarsi e di dover essere all’altezza degli standard e
Come ormai tradizione di fine anno, segnalo i 3 articoli più letti nel 2023 da me scritti e pubblicati su questo mio sito.
Per il quinto anno consecutivo primeggia l’interesse verso “La paura di dire ti amo”. Al secondo posto entra in classifica l’approfondimento sulla Bioenergetica con l’articolo “I sette segmenti del corpo”. Infine, scende in terza posizione rispetto al 2022 “I segni indelebili del padre autoritario”.
Buona lettura e buon 2024!
La paura di dire “ti amo”
Quando è stata la prima volta che hai detto “ti amo” a qualcuno? Quando è stata la prima volta che qualcuno lo ha detto a te? Alcune persone provano una tremenda difficoltà ad esprimere questo sentimento. Quali sono i motivi di tanta esitazione? Sembra che sia principalmente la paura ciò che queste persone restituiscono… continua a leggere
NATALE – 7 strategie per sopravvivere al Natale coi parenti
La speranza di trascorrere in serenità il periodo di Natale non sempre coincide con la realtà. Infatti, per alcuni le feste natalizie possono essere stressanti, specialmente se si deve trascorrere del tempo con persone poco gradite o con cui ci si sente in obbligo di stare.
Se per te è inevitabile partecipare a questi momenti, ricorda che puoi proteggerti grazie ad alcune accortezze:
Non cedere alle provocazioni. Certi parenti potrebbero approfittare del momento insieme per riproporre dinamiche famigliari disfunzionali, vecchie rivalità, contenziosi e così via. Attraverso commenti, domande o allusioni potrebbero stuzzicarti, provocarti o disturbarti. Se ti è già successo in passato è probabile che accada ancora. Quindi, aspettatelo! Non prestare il fianco agli attacchi e metti in pratica anche le restanti strategie.
Gestisci il consumo di alcol. I momenti di festa sono situazioni in cui potrebbe aumentare il consumo di alcolici. Sappi che l’alcol agisce sui centri cerebrali coinvolti nell’aggressività e abbassa le inibizioni che normalmente tengono sotto controllo g
VIOLENZA PSICOLOGICA – 5 forme di violenza subdola
Con violenza psicologica si intende una forma subdola di maltrattamento volta a manipolare e sopraffare l’altro. Infatti, la violenza psicologica è un vero e proprio abuso emotivo che porta la vittima a perdere se stessa, il proprio senso di identità e la propria dignità.
La violenza psicologica si esprime attraverso atteggiamenti e parole ben precisi, ripetitivi nel tempo, che possono essere alle volte palesi e altre volte più velati.
Di seguito alcuni esempi per aiutare a riconoscere le varie forme di violenza psicologica:
UMILIAZIONE E CRITICA: ti ridicolizza o fa battute pesanti e pungenti; svaluta il tuo lavoro/studio/interessi; fa commenti sprezzanti sul tuo aspetto fisico/abbigliamento/modo di fare o parlare.
CONTROLLO: ti fa sentire in colpa; ti impone il suo punto di vista; ignora la tua opinione; è eccessivamente geloso/a; pretende risposta immediata a chiamate o messaggi; impartisce lezioni su ciò che sarebbe giusto fare; alterna scoppi di rabbia a mom
Il gaslighting è un tipo di manipolazione psicologicache fa sì che una persona (la vittima) metta in dubbio il proprio ragionamento, la propria percezione e la propria sanità mentale. In altre parole, in una relazione tossica una persona (il carnefice) adotta comportamenti abusanti allo scopo di far dubitare di sé la vittima solo per trarne vantaggio. La differenza tra il gaslighting e altre forme di manipolazione è che il/la carnefice cerca intenzionalmente e attivamente di ottenere il controllo sulla vittima.
Chi mette in atto il gaslighting?
Il gaslighting è spesso agito da individui condisturbo narcisistico di personalità. La persona con disturbo narcisistico di personalità ha una visione distorta di sé e della realtà, ha bisogno di essere lodata e di essere superiore agli altri. Di conseguenza, il/la narcisista metterà in atto comportamenti manipolatori per apparire migliore, giusto/a e per avere vantaggi personali.
Sono 8,5 milioni gli italiani che almeno una volta nella vita hanno sofferto di disturbi d’ansia. Generalmente, i disturbi d’ansia insorgono tra l’adolescenza e la prima giovinezza con un’evoluzione lenta e cronica che può portare la persona ad interpretare i segnali d’ansia come un “normale” aspetto della propria personalità, un atteggiamento innato. Il risultato è che le persone non riconoscono l’ansia eccessiva come un problema psicologico, stringono i denti e si abituano a conviverci. Infatti, su 100 persone che soffrono di un disturbo d’ansia solo 20 decidono di rivolgersi ad un professionista della salute mentale e, di solito, lo fanno solo quando la situazione diventa davvero invalidante.
Di seguito alcuni dei modi più diffusi attraverso i quali può manifestarsi l’ansia:
Saper comunicare è fondamentale per creare una vita di coppia sana e duratura. Trascurare la comunicazione di coppia rischia di mettere a repentaglio la solidità della relazionetrasformando alcune situazioni, che si potevano risolvere semplicemente parlando, in qualcosa di più grave.
Ma niente paura! Si può sempre migliorare il proprio stile comunicativo cercando di evitare alcuni errori di comunicazioni.
Di seguito 5 errori frequenti da evitare:
1. Essere incapaci di considerare il punto di vista altrui
2. Affrontare una discussione con lamentele, critiche e accuse
3. Aspettarsi che il/la partner possa leggere nella mente dell’altro/a
4. Credere che il solo parlare sia sufficiente per risolvere i problemi
PSICOTERAPIA – 5 validi motivi per andare in terapia
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un cambiamento culturale nei confronti della salute psicologica grazie al quale andare dallo Psicologo Psicoterapeuta non significa più essere etichettati come “pazzi”. Non sempre il singolo individuo può affrontare da solo ciò che gli accade emotivamente e non è raccomandabile improvvisarsi in un pericoloso “fai da te”. Per questo esiste la terapia.
Di seguito almeno 5 validi motivi per andare in terapia:
Conoscere sé stessi e acquisire maggior amor proprio
Districare i nodi relativi ai traumi del passato che possono condizionare ancora il presente
Confrontarsi in modo imparziale senza essere giudicati
Adottare nuove strategie mentali e comportamentali per gestire situazioni problematiche
Relazionarsi con le persone che dovrebbero andare in terapia ma purtroppo non lo faranno
La potenza della parola nei riguardi delle cose dell’anima sta nello stesso rapporto della potenza dei farmaci nei riguardi de
FAMIGLIA – 10 dinamiche tipiche della famiglia narcisista
La famiglia narcisista è senza dubbio caratterizzata da un insieme specifico di dinamiche che si sviluppano e serpeggiano all’interno di questi gruppi di parenti. Uno o entrambi i genitori possono essere narcisisti così come anche alcuni figli, ma non è raro che possano esserci figure tossiche anche nella famiglia allargata (nonni o altri famigliari). Solitamente, il narcisista è il tiranno della famigliaintorno al quale tutto gira e tutti girano.
Non è facile riconoscere di essere intrappolati in dinamiche famigliari narcisiste dato che possono essere erroneamente scambiate come fatti naturali, retaggi culturali, tradizioni, abitudini consolidate. In realtà, queste famiglie condividono molti punti in comune che se riconosciuti possono aiutare ognuno a liberarsi dalla morsa patologica del narcisismo.
Di seguito 10 dinamiche tipiche della famiglia narcisista:
1_ È tutta una questione di immagine: si deve apparire migliori, perfetti e senza problemi agli occhi degli altri 2_ Ai bambini viene insegnato a fingere che tutto vada sempre bene per mantenere una finta facciata di armonia 3_ Non esiste una sana gerarchia nei ruoli: i bambini sono l
TRAUMA – 4 traumi infantili che influenzano la vita adulta
Molti degli accadimenti avvenuti nell’infanzia, quando non risolti, possono condizionare la vita adulta. In particolare, gli eventi traumatici segnano l’esistenza creando pattern comportamentali precisi in base al tipo di trauma subito.
Di seguito, alcuni comportamenti e stati psicologici indicatori di un trauma infantile che si esprime nell’età adulta:
_ TRAUMA DEL RIFIUTO
Fai facilmente ipotesi negative su ciò che pensano gli altri; sei diffidente nei confronti delle altre persone; è difficile per te scendere a compromessi; accontenti sempre gli altri; hai difficoltà a fidarti delle persone se devi mostrare i tuoi sentimenti.
_ TRAUMA DELL’ABBANDONO
Temi di essere lasciato o abbandonato; sei stato incapace di costruire relazioni sane nell’adolescenza e questo accade ancora nell’età adulta; hai scarsa autostima; sei ansioso ed insicuro; ti puoi sentire depresso o affranto.
RELAZIONI – Come mai è così faticoso avere relazioni?
La relazione è quel legame che si crea tra due o più persone i cui pensieri, sentimenti e azioni si influenzano vicendevolmente. Pertanto, quando si instaura una relazione con qualcuno si crea inevitabilmente un vincolo di interdipendenza. Nel corso della propria vita ognuno di noi crea molteplici relazioni con gli altri: si inizia con le persone molto vicine come i genitori e i parenti, si prosegue poi con gli amici, le relazioni di coppia fino alle relazioni legate al mondo del lavoro, alle conoscenze superficiali e così via.
Ma intrecciare relazioni alle volte è veramente difficile. Come mai? Di seguito alcune caratteristiche di personalità ci aiutano a capire il perchè:
_ IL NARCISISTA
E’ interessato/a solo a se stesso/a e crede fermamente di essere migliore di ogni altra persona. Vuole essere sempre al centro dell’attenzione. Manipola gli altri per i propri scopi. Ha scarsissima empatia.
_ IL CONTROLLANTE
Cerca di controllare ogni cosa e ogni persona e vuole ess
Come consuetudine di fine anno, segnalo i 3 articoli più letti nel 2022 su questo sito internet e scritti da Dott.ssa Marcella Caria
Ormai per il quarto anno consecutivo primeggia l’interesse dei lettori verso l’articolo “La paura di dire ti amo”. Continua a mantenere ancora il secondo posto in classifica “I segni indelebili del padre autoritario”. Per la prima volta sul podio con il terzo posto l’articolo “10 segnali per riconoscere l’ortoressia”.
Buona lettura!
La paura di dire “ti amo”
Quando è stata la prima volta che hai detto “ti amo” a qualcuno? Quando è stata la prima volta che qualcuno lo ha detto a te? Alcune persone provano una tremenda difficoltà ad esprimere questo sentimento. Quali sono i motivi di tanta esitazione? Sembra che sia principalmente la paura ciò che queste persone restituiscono… continua a leggere
L’adolescenza è un momento di inevitabile crisi e cambiamenti che coinvolgono i giovani e la famiglia.
La crisi diventa l’occasione di una trasformazione dell’identità dove l’intero mondo dei riferimenti muta, coinvolgendo al tempo stesso emozioni, sentimenti, cognizioni e sensazioni dell’adolescente, che ora s’interroga freneticamente alla ricerca di se stesso. I cambiamenti puberali, con il loro carico di trasformazioni anatomiche e fisiologiche, inaugurano l’adolescenza: il/la ragazzo/a perde le certezze del proprio corpo e i bruschi e vistosi cambiamenti di natura qualitativa fanno si che non si riconosca più.
È un periodo caratterizzato dalla caduta di tutte le certezze acquisite in precedenza ed è per questo che l’adolescente necessita di una reinterpretazione di se stesso, che gli restituisca un senso di quiete ed argini il disordine interno.
Il radicale cambiamento dell’immagine corporea produce un duplice disagio psichico: da un lato l’angoscia di vedere il proprio corpo che si modifica rimanda alla necessità di un lavoro psichico di notevole dispendio p
L’alessitimia o analfabetismo emotivo è l’incapacità di riconoscere, esprimere e distinguere i propri ed altrui stati emotivi. È un vero e proprio disturbo dell’elaborazione degli affetti che ostacola i processi di auto-regolazione e riorganizzazione delle emozioni. L’etimologia della parola, derivante dal greco, riporta proprio alla mancanza (alfa=assenza) di parole (léxis=parola) per le emozioni (thymós=emozione).
Le persone alessitimiche faticano a differenziare gli stati emotivi dalle sensazioni fisiologiche. Presentano una ridotta capacità immaginativa e onirica. Infine, hanno scarse abilità empatiche e spesso assumono comportamenti conformistici compensatori.
L’alessitimia può essere interpretata come una difesa inconscia alle sofferenze subite: si sceglie l’analfabetismo emotivo per evitare le emozioni (vissute come minacciose e destabilizzante). Sarà il corpo a dar voce all’emotività repressa attraverso svariate manifestazioni psicosomatiche.
Tra le cause dell’alessitimia, riveste un ruolo important
PSICHE – 10 Ottobre: giornata mondiale della salute mentale
La Giornata Mondiale della Salute Mentale (World Mental Health Day) è un’iniziativa che si celebra il 10 ottobre di ogni anno. Creata nel 1992 dalla Federazione Mondiale per la Salute Mentale (WFMH) e riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha il proposito di promuovere la consapevolezza e la difesa della salute mentale contro lo stigma sociale.
Non tutte le persone che soffrono di un disagio psicologico decidono di curarsi rivolgendosi a professionisti del settore. Tra i motivi la diffusa messa in atto, da parte della popolazione in generale, di una distanza sociale nei confronti di persone con problemi psicologici. Questo atteggiamento allontana ancora di più l’individuo con sofferenza psicologica dal cercare ed intraprendere una cura adeguata alla propria condizione clinica. È importante andare oltre lo stigma così che la paura di essere etichettato come malato non si frapponga alla ricerca di un aiuto professionale competente.
I disagi psicologici sono ancor oggi erroneamente considerati da molti un segno di debolezza, una sconfitta, una mancanz
DEPRESSIONE – 10 cose estremamente difficili da fare
La depressione è un disturbo psicologico complesso e subdolo, non sempre facile da riconoscere all’inizio. Per questo, è importante non sottostimare alcuni comportamenti di disimpegno verso qualsiasi (apparentemente banale) attività quotidiana.
Di seguito, 10 cose estremamente difficili da fare quando si è depressi:
Fare la doccia
Fare il letto
Pettinarsi
Controllare le e-mail
Uscire di casa
Fare la spesa
Stare al telefono
Pulire la casa
Cucinare
Alzarsi da letto
Queste azioni quotidiane non sono difficili da svolgere perché si è stanchi, deboli o sfaticati. Sono difficili perché si sta combattendo contro un nemico invisibile 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Depressione. L’entusiasmo sottratto a se stesso si ricopre di nero.
E una tristezza più grande entra nella tristezza come un secondo corpo intollerabile – Fabrizio Caramagna
Riconoscere un disturbo depressivo al suo esordio è fondamentale. Più tempestiva è la diagn
Sabotare se stessi significa porsi ostacoli e difficoltàmentre si sta cercando di raggiungere un obiettivo desiderato e/o vantaggioso. Questo, di conseguenza, significa arrecare un danno a se stessi.
Aumentare la consapevolezza sulle forme di auto-sabotaggio è il primo passo per cambiare il proprio comportamento e smettere finalmente di essere vittima di se stessi.
Di seguito, alcuni comportamenti tipici di chi sabota se stesso:
Procrastinare continuamente
Ignorare la necessità di una pausa/riposo
Imporsi regole che sono troppo dure da seguire
Complicarsi la soluzione di piccoli problemi
Iniziare troppi progetti che non si possono poi finire
Concedersi qualcosa solo se meritato
Demotivarsi prima di aver provato
Posticipare le cose da fare fino all’ultimo secondo
EMOZIONI – Segnali indicativi di un disturbo alimentare
In Italia sono circa 3 milioni le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, il 5% della popolazione. Il 96,8% sono donne e il 3,2% sono uomini. La fascia di età più colpita è 14-35 anni. Il cibo è spesso utilizzato per gestire sentimenti di inadeguatezza, fallimento, vuoto e solitudine.
Di seguito alcuni segnali, da non sottovalutare, che indicano un cattivo rapporto col cibo e/o un vero e proprio disturbo alimentare:
– Pensare ossessivamente al cibo
– Paura del cibo
– Paura di ingrassare
– Indossare abiti che nascondano il proprio corpo
– Essere inflessibili sulle calorie assunte
– Controllare ossessivamente peso e cambiamenti corporei
– Evitare gli specchi
– Paragonare costantemente il proprio corpo a quello degli altri
PAURA – Differenze tra paure comuni e paure derivanti da trauma
Breve viaggio in alcune possibili paure e il loro diverso impatto sulla persona
– PAURE COMUNI: paura della morte; di Dio; di essere punito per i propri peccati; paura della giustizia; di parlare in pubblico; di essere umiliato; dei pericoli; di alcuni animali; di perdere; paura della malattia; della povertà; della solitudine; dell’incertezza.
Queste paure solitamente non sono croniche, non si innescano automaticamente o senza motivo, non costringono la persona ad essere imprigionata in schemi comportamentali e difensivi ripetuti.
– PAURE DA TRAUMA: paura che il trauma possa ripetersi; paura di essere abbandonato (ancora); paura di essere attaccato/colpito/rapito/abusato/reso schiavo (ancora); paura di essere ucciso; dei comportamenti degli altri quando dominanti; paura dell’isolamento/solitudine; paura della vicinanza; paura di essere nuovamente ferito; le paure comuni sono vissute in modo amplificato.
È una situazione emotiva di paura cronica che si innesca in modo ripetitivo ed automatico. Le paure da trauma portano la persona a vivere in uno stato di iper-vigilanza;
Le sensazioni di felicità e buon umore sono create anche da una complessa interazione tra ormoni diversi. Con “ormoni della felicità” si fa riferimento a tutte quelle sostanze chimiche, rilasciate soprattutto a livello cerebrale, che contribuiscono positivamente al benessere psichico e fisico. Alcuni di questi processi possono essere incoraggiati sfruttando questa chimica a proprio vantaggio.
Di seguito sono elencati alcuni ormoni, la loro specifica funzione e alcuni piccoli suggerimenti per promuovere la chimica della felicità:
DOPAMINA: il mediatore del piacere e della ricompensa. Si può favorire la sua produzione ascoltando musica, vivendo nuove esperienze, ponendosi obiettivi (anche piccoli) per poi raggiungerli, dormendo a sufficienza.
SEROTONINA: lo stabilizzatore dell’umore. Meditare, fare esercizio fisico, stare a contatto con la natura, esporsi al sole e mangiare sano sono alcuni dei comportamenti che ne favoriscono l’aumento.
OSSITOCINA: l’ormone dell’amore. Si propizia l’aumento di questo ormone quando si socializza, si fa qualcosa di gentile per gli altri, si sta
CARATTERE – 5 diritti fondamentali e 5 tipologie caratteriali
Breve viaggio nella formazione del carattere secondo la bioenergetica
Lo psicoterapeuta Alexander Lowen, fondatore dell’analisi bioenergetica, ha individuato cinque diritti fondamentali che ogni bambino esprime sotto forma di bisogni durante la propria crescita. Il modo in cui ogni diritto viene accolto, frustrato o negato dai caregiver di riferimento incide sulla formazione del carattere della persona adulta.
Di seguito i cinque diritti fondamentali e i relativi sviluppi quando negati:
1. Diritto di esistere
Se negato si sviluppa un carattere schizoide contraddistinto dalla paura del contatto e dal ritiro. Nel periodo neonatale il bambino ha incontrato un ambiente freddo ed ostile. Non potendo reggere l’angoscia del rifiuto da adulto si rifugia nel mondo delle idee e dell’intelletto. Infatti, la persona con questo carattere è definita anche come “il sognatore”.
2. Diritto di essere accolto nella propria condizione di bisogno
PANICO – Come sopravvivere ad un attacco di panico
Inaspettato ed imprevedibile, l’attacco di panico fa sentire la persona indifesa e vulnerabile. L’attacco di panico può essere descritto come un momento di estrema ed improvvisa ansia che provoca paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire.
Per la gestione e la cura degli attacchi di panico è sempre necessario intraprendere un percorso di psicoterapia utile a comprendere meglio se stessi, i propri vissuti ed eventuali conflitti sottesi.
Ma come si può gestire l’ondata di panico proprio nel momento in cui arriva? Cosa fare per sopravvivere a quel terribile momento?
Concentrati sul respiro. L’iperventilazione peggiora i sintomi.
Rilassa il corpo. La tensione muscolare non aiuta il corpo a smaltire gli ormoni dello stress.
Riconosci che stai avendo un attacco di panico. Non stai morendo, non stai impazzendo e non stai avendo un infarto. Dai al tuo corpo il tempo, queste sensazioni passeranno.
Distrai i tuoi sensi: tocca qualcosa di morbido, annusa qualcosa di buono, guarda qualcosa che ti rende felice, ascolta musica rilassante.
Di seguito i 3 articoli più letti nel 2021 su questo sito internet, scritti da Dott.ssa Marcella Caria.
Per il terzo anno consecutivo primeggia ancora l’articolo “La paura di dire ti amo” a sottolineare l’acceso interesse per il tema delle relazioni, della fatica dell’impegno e dell’amore tormentato. Sale la classifica e conquista il secondo posto “I segni indelebili del padre autoritario”. Mantiene la posizione sul podio ma si piazza terzo l’articolo “Il peso psicologico del senso di colpa”.
Buona lettura!
La paura di dire “ti amo”
Quando è stata la prima volta che hai detto “ti amo” a qualcuno? Quando è stata la prima volta che qualcuno lo ha detto a te? Alcune persone provano una tremenda difficoltà ad esprimere questo sentimento. Quali sono i motivi di tanta esitazione? Sembra che sia principalmente la paura ciò che queste persone restituiscono… continua a leggere
La dipendenza affettiva è una modalità malsana di vivere la relazione nella quale si rinuncia al proprio spazio vitale pur di non perdere il partner. E’ una forma di “amore” ossessivo, simbiotico e stagnante. Il dipendente affettivo è richiedente oltremisura e ossessiona il proprio partner ritenendolo la sola persona al mondo in grado di dare sicurezza e sopperire all’angoscia di solitudine.
Il dipendente affettivo è dominato principalmente da 5 paure:
Paura dell’abbandono
Paura di esprimere i propri sentimenti
Paura del rifiuto
Paura di essere se stessi
Paura del giudizio del partner
La dipendenza affettiva affonda le proprie radici in una profonda e insoddisfatta necessità di amore e sicurezza. Questo stile di comportamento è definito “attaccamento insicuro”, ha origine nell’infanzia quando i bisogni di conferma, amore e unione non sono stati pienamente soddisfatti dal caregiver. Quando il caregiver è assente il bambino avverte il bisogno di vicinanza affettiva. Quando il caregiver è presente il bambino ha paura di essere ignorato e/o abbandonato. Gli “stili di attaccamento” non riguar
Il bullismo indica un’ampia ed eterogenea serie di comportamenti di prevaricazione e sopraffazione, agiti da una o più persone nei confronti di una vittima individuata come bersaglio di violenze verbali, fisiche e/o psicologiche.
In Italia il 75% degli atti di bullismo e cyberbullismo resta sommerso. Solo il 25% viene segnalato o notato.
Come mai alcuni bambini/e o ragazzi/e usano la prepotenza sugli altri?
Dentro ad ogni bullo si nasconde un bambino spaventato, costantemente in lotta con le proprie insicurezze e paure. Il bullismo è quindi espressione di una conflittualità interiore. Aggredire qualcuno o qualcosa dà al bullo un falso senso di solidità, di forza e di sicurezza.
Nessuno nasce prepotente. Bulli si diventa. Il clima famigliare e lo stile educativo fanno la differenza. Alcuni genitori sono essi stessi bulli proponendo un modello educativo fatto di prevaricazione e autorità (diversa invece è l’autorevolezza). Altri hanno comportamenti passivo-aggressivi, impulsivi o manipolatori verso i propri figli.
SINDROME – La sindrome della superiorità illusoria
La sindrome della superiorità illusoria, nota anche come “effetto Dunning-Kruger”, è una distorsione cognitiva che induce individui poco esperti a sopravvalutare le proprie abilità.
Questa illusione della competenza porta la persona a:
considerarsi esperta anche quando le esperienze suggeriscono il contrario
non vivere gli insuccessi (quando perde non interiorizza la sconfitta)
avere un’immagine di sé distorta sottovalutando i propri difetti
credere fermamente nel proprio talento
non rendersi conto delle effettive capacità degli altri
convincersi che la propria opinione valga di più di quella degli altri
Il lutto rappresenta una delle esperienze più impegnative che ci si trova ad affrontare nel corso della vita. È un sentimento di intenso dolore conseguente alla perdita di una persona cara, ma non è necessariamente collegato alla morte fisica. Il lutto può essere innescato anche dalla separazione, dal rifiuto o dall’abbandono. Si parla di lutto anche quando si chiude una prospettiva, si perde il lavoro per licenziamento o pensionamento, si affronta un fallimento personale. In altre parole, ogni distacco definitivo da qualcuno o qualcosa, che ha avuto un ruolo rilevante nella vita di una persona, può provocare la reazione naturale e fisiologica del lutto.
Tendenzialmente l’essere umano ha la capacità di superare la perdita, ma a volte può essere molto difficile elaborare il lutto, separarsi. Il senso di vuoto e la solitudine provati possono disorientare profondamente chi li vive. La sofferenza emotiva stravolge l’equilibrio psicologico, soprattutto quando si fatica ad accettare l’ineluttabilità di una fine. Di conseguenza, diverse persone possono vivere stati depressivi di grande intensità. Alcune arrivano a negare
Un attacco di panico è un’improvvisa ondata di estremo malessere, paura e ansia che causa sintomi fisici e psicologici. Il livello di paura sperimentato non è realistico, è sproporzionato rispetto agli eventi o alle circostanze che hanno innescato l’attacco. Inaspettato e imprevedibile, l’attacco di panico porta la persona a sentirsi indifesa e vulnerabile. Si temono futuri attacchi e, di conseguenza, si modifica il proprio stile di vita fino ad evitare situazioni, luoghi o persone. L’attacco di panico può verificarsi anche mentre si dorme provocando risvegli improvvisi accompagnati da sentimenti di paura e terrore. Quando gli attacchi di panico sono frequenti e ripetuti nel tempo generalmente indicano un disturbo di panico.
Sintomi dell’attacco di panico
I sintomi fisici dell’attacco di panico possono includere dolore o malessere a livello toracico, palpitazioni o battito cardiaco accelerato, respiro affannoso o sensazione di soffocamento, sudorazione, tremori, nausea, vertigini, intorpidimento o formicolio, vampate
Quando si parla di depressione è importante precisare che non tutte le modificazioni del tono dell’umore sono da considerarsi patologiche. Chiunque può aver provato, in alcuni momenti della propria vita, sentimenti come tristezza, disperazione o pessimismo. Essere tristi è la naturale reazione ad alcune esperienze di vita. Solitamente questi momenti di fisiologico sconforto sono transitori e tendono a risolversi non appena le circostanze migliorano. Se invece i vissuti depressivi sono pervasivi, profondi e invalidanti, fino a compromettere il funzionamento sociale, lavorativo e relazionale, allora si parla di disturbi depressivi.
L’ansia comprende sentimenti di preoccupazione, nervosismo o terrore. Anche se spiacevoli, episodi occasionali di ansia sono naturali e talvolta persino utili: segnalano che qualcosa non va. Infatti, l’ansia può aiutare le persone sia a riconoscere che evitare il pericolo; è funzionale nel propiziare cambiamenti importanti e significativi. Quando invece l’ansia è persistente, pervasiva e sproporzionata sconvolge la vita quotidiana. Allora, si parla di disturbo d’ansia.
Quali sono i disturbi d’ansia?
I disturbi d’ansia si manifestano in modi diversi distinti tra loro:
– Disturbo d’ansia generalizzata – Il disturbo d’ansia generalizzato è uno stato cronico di grave preoccupazione e tensione psicologica senza apparenti motivazioni.
– Disturbo d’ansia di separazione – Il disturbo d’ansia di separazione è caratterizzato da una reazione ansiosa eccessiva al momento del distacco da figure affettive significative.
– Mutismo selettivo – Il mutismo selettivo è un disturbo poco noto
Gli eventi traumatici si presentano in molte forme. Il trauma può essere rappresentato dall’improvvisa perdita di una persona cara, dall’abuso fisico e/o psicologico, dall’abbandono, dalla perdita del lavoro, da un incidente, da calamità naturali e pandemie, da gravi malattie o da qualsiasi altro tipo di situazione tragica e inquietante. È qualcosa di straordinario che si traduce in uno shock emotivo, sia per chi lo subisce direttamente sia per chi vi assiste. Ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno, senso di impotenza, affaticamento, iper-vigilanza, irrequietezza, instabilità emotiva, palpitazioni sono alcuni dei segnali fisici e psicologici che possono provare le persone traumatizzate. Questi sintomi possono nascere subito dopo l’evento traumatico ma, in alcune persone, possono manifestarsi anche dopo diversi mesi o anni. Detto ciò, è importante non sottovalutare la propria sofferenza e, in particolare, prestare attenzione a quattro segnali propri del disturbo post-traumatico da stress.
1. Flashback
La persona rivive il trauma attraverso incubi notturni o ricordi invadenti ed an
Gli smartphone, i social network e le chat di appuntamenti online hanno cambiato il modo in cui le persone si incontrano, flirtano e si innamorano. Come conseguenza, sono entrati in uso nel nostro linguaggio nuove terminologie, prese dalla lingua inglese, per indicare specifiche espressioni relazionali. È utile porre l’attenzione su questi neologismi dato che esprimono ciò che può accadere nella relazione e raccontano ciò che le persone vivono.
Ghosting, haunting, orbiting, zombieing e breadcrumbing sono nuove definizioni ma, in realtà, si riferiscono a comportamenti da sempre attuati. Le persone manipolavano e si prendevano gioco delle emozioni degli altri molto prima dell’avvento della comunicazione online. Il ruolo prevalente dei messaggi nella quotidianità e/o degli incontri online ne ha solo facilitato ulteriormente la diffusione. Queste relazioni sono caratterizzate da maggiore incertezza, paura dell’impegno e confusione nello stabilire legami affettivi.
▪ Ghosting
Il ghosting accade quando qualcuno a cui si è interessati scompare improvvisamente. Questa per
NARCISISMO – 5 aspetti del narcisismo e i loro retroscena
Le persone affette da narcisismo patologico presentano al mondo un’immagine di sé caratterizzata da un’aura di certezza, superiorità, attrattiva e forza. Eppure, più si approfondisce la relazione con un narcisista più si scopre qualcosa che non convince…
Se sono così sicuri, perché hanno tanta difficoltà a riconoscere ed ammettere la responsabilità dei propri errori?
Se sono così superiori, perché hanno bisogno di dominare e sottomettere gli altri?
Se sono così attraenti, perché hanno bisogno di costanti attenzioni?
Se sono così forti, perché sono facilmente destabilizzati da piccolezze?
Avere a che fare con i narcisisti può essere sconcertante e snervante. Per questo, sapere cosa si nasconde dietro la loro lucente facciata offre una prospettiva più ampia e una maggiore compassione nel relazionarsi con loro. Soprattutto,vedere dietro il sipario aiuta a stabilire dei sani e necessari confini alla relazione.
Di seguito i 3 articoli più letti nel 2019 su questo sito internet, scritti da Dott.ssa Marcella Caria.
Le preferenze dei lettori si sono orientate diversamente rispetto agli anni passati e, per la prima volta, il tema del senso di colpa perde il suo primato storico collocandosi in seconda posizione. L’interesse si è spostato sulla paura nelle relazioni, sulla fatica ad impegnarsi, sull’amore tormentato e così l’articolo “La paura di dire ti amo” scala la classifica e conquista il primo posto.
Il 2019 porta una novità anche al terzo posto conquistato dal bisogno di capire e gestire l’insonnia.
Buona lettura!
1. La paura di dire “ti amo”
Quando è stata la prima volta che hai detto “ti amo” a qualcuno? Quando è stata la prima volta che qualcuno lo ha detto a te? Alcune persone provano una tremenda difficoltà ad esprimere questo sentimento. Quali sono i motivi di tanta esitazione? Sembra che sia principalmente la paura ciò che quest
AUTORITÀ – I segni indelebili del padre autoritario
La differenza tra autorità ed autorevolezza è la differenza che c’è tra imporre e condividere e, su più ampia scala, tra colonizzare e incontrare. Alla base di quelle che vedremo essere delle reminiscenze difficili da scardinare, che ancora oggi la società occidentale approva ed esprime con noncuranza, c’è il rapporto con il padre autoritario.
Come moltissime situazioni sociali e relazionali si basano sull’applicazione dell’autorità – ovvero un’imposizione di una parte sull’altra per motivi “dovuti” – così il padre autoritario si impone nei confronti dei “propri” figli, in quanto considerati “di proprietà”. Naturalmente, un essere umano non può “appartenere” a nessuno.
Per esempio, un datore di lavoro autoritario esercita prepotenza – ovvero prepone potenza alla relazione – nei confronti del lavoratore attraverso la propria posizione gerarchica allo scopo di dominare la relazione. Se un padre reclama il proprio diritto alla paternità come leva psicologica per esercitare autorità, il datore di lavoro utilizza la propria posizione. In entrambi i casi, la leva permette alla figura autoritaria di soddisfare le proprie necessità,
ORTORESSIA – 10 segnali per riconoscere l’ortoressia
In occasione del World Eating Disorder Action Day (giornata mondiale di sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare), celebrato il 2 Giugno 2019 sul tema “Eating Disorders: Can’t Afford To Wait”, vorrei portare l’attenzione su un disturbo alimentare meno conosciuto ma comunque insidioso: l’ortoressia nervosa.
L’ortoressia nervosa è caratterizzata da una vera e propria ossessione per la sana alimentazione. Sebbene non sia formalmente riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come vero e proprio disagio psichico, l’ortoressia ha molte somiglianze con i più noti disordini del comportamento alimentare. L’eccessiva attenzione alla perfezione del corpo promossa dalla cultura occidentale, il salutismo e i social media come luogo di apparenza e finzione, contribuiscono a rafforzare l’ossessione tipica dell’ortoressia. Infatti, chi soffre di ortoressia ha una fissazione esagerata per il cibo sano e per le diete alimentari ritenute salutiste. Mentre è sempre consigliabile condurre uno stile di vita sano, le persone con ortoressia sono ossessionate, in modo pervasivo e costante, dal mangiare sano, tanto che il loro benessere fisico e mentale, così come la loro vita quoti
Di seguito i 3 articoli che hanno attirato più interesse nei visitatori di questo sito internet nell’anno 2018, scritti da Dott.ssa Marcella Caria.
Buona lettura!
1. Il peso psicologico del senso di colpa
La funzione primaria del senso di colpa è di avvertire noi stessi che abbiamo fatto o stiamo per fare qualcosa che va contro i nostri principi (ad esempio comprare qualcosa che non rientra nel budget, giocare ai videogiochi invece di lavorare, imbrogliare, ecc…) o nuoce direttamente o indirettamente a qualcuno. Grazie alla sua sgradevolezza il senso di colpa svolge la fondamentale funzione di… continua a leggere
DEPRESSIONE – 7 segnali della depressione post partum
Dopo aver affrontato un parto più o meno difficile e doloroso, la madre può finalmente stringere tra le braccia la piccola vita che ha portato in grembo per nove mesi. Ma cosa può succedere dopo? Il neonato richiede attenzioni, molte attenzioni. Si affrontano importanti privazioni del sonno, ormoni turbolenti, oltre a tutta una serie di aspettative culturali correlate al legame, al senso di beatitudine che ne deriverebbe e all’essere una madre “perfetta”. Considerato ciò, è importante non sottovalutare alcuni segnali che potrebbero indicare una situazione di depressione post partum (da non confondere con il baby blue).
Questo articolo parla alle madri, ma non si rivolge solo a loro. Troppo spesso in passato le donne con depressione post partum sono state ignorate o sottovalutate. Questo tema riguarda tutte le persone vicine alle neomamme (famigliari, amici e professionisti della salute).
Quali sono i segnali della depressione post partum?
1. Ti senti in colpa
Ti senti in colpa, pensi di non fare abbastanza o di dover gestire le cose in un modo migliore. I pensieri che implicano il “dovrei” sono
Il gioco d’azzardo è un interessante fenomeno psicologico. Esistono numerose ricerche su come i processi psicologici possano influenzare il comportamento legato al gioco d’azzardo. Di seguito quattro tranelli molto comuni:
1. La fallacia dello scommettitore
La fallacia dello scommettitore riguarda l’errata convinzione che eventi accaduti nel passato influiscano sugli eventi futuri nell’ambito di attività governate dal caso. Di seguito alcune errate convinzioni:
– Un evento casuale ha più probabilità di verificarsi perché non si è verificato per un periodo di tempo;
– Un evento casuale ha meno probabilità di verificarsi perché non si è verificato per un periodo di tempo;
– Un evento casuale ha più probabilità di verificarsi perché si è verificato di recente;
– Un evento casuale ha meno probabilità di verificarsi perché si è verificato di recente.
2. Aspettative mutevoli rispetto alle possibilità di vittoria
BENESSERE – Dare valore alla propria storia emotiva
La scelta di chiedere un aiuto psicologico spesso rappresenta la fine di un percorso fatto di dolore, angoscia e vane speranze di risolvere un problema da soli. Infatti, chi indugia nel chiedere un aiuto professionale può essere pervaso da pensieri negativi su di sé, motivazioni o giustificazioni che rendono difficile esprimere la richiesta di sostegno. Chiedere aiuto, ad esempio, può significare ammettere di non essere riusciti a superare una difficoltà da soli e per questo ci si deve confrontare col proprio vissuto di fallimento, con la paura di essere senza speranze, col timore di essere giudicati, col bisogno di fidarsi di qualcuno che si teme non capisca la propria situazione. Alle volte ci si rivolge ad altre figure professionali perché non si riconosce il problema come psicologico o si ritiene che lo psicologo sia colui che “cura i matti”.
I pregiudizi o la cattiva informazione bloccano la richiesta di aiuto consentendo al malessere di aumentare. Inoltre, nei casi in cui il sintomo sia vissuto nel corpo, è facile pensare che il problema sia esclusivamente medico trascurando completamente il peso della componente emotiva e psicologica.
Quando ci si trova di fronte ad un problema, è consuetudine comune ricercare la soluzione attraverso un approccio logico e razionale, circoscrivere il problema dentro una determinata inquadratura e cercarne la soluzione all’interno di essa. Si prende come assodato che una certa linea rappresenti i confini del problema e solo dentro questi confini sia possibile trovare una risoluzione. Molto spesso però questi confini non esistono e la soluzione è al di fuori di essi.
Attraverso la creatività, l’intuitività è possibile allontanarsi dai rigidi schemi di pensiero acquisiti per scoprire nuovi punti di vista e trovare nuove idee, soluzioni o approcci.
L’esempio dell’aneddoto dell’uovo, solitamente attribuito a Cristoforo Colombo, offre un possibile esempio di pensiero creativo. Durante una cena, alcuni gentiluomini spagnoli cercarono di sminuire l’impresa di Colombo, lo schernirono dicendo che la scoperta dell’America era stata in realtà un’impresa facile perché, per raggiungerla, era bastato mettere la prua verso ovest e veleggiare sempre in quella direzione. Colombo indign
SILENZIO – Una riflessione sul possibile ruolo della TV
Ci sono case nelle quali la televisione serve, non tanto per svago o necessità d’informazione… in queste case la TV copre un silenzio intollerabile, nasconde la consapevolezza della mancanza del dialogo e impedisce la possibilità di osservarsi. In alcune case il silenzio è insopportabile… allora si accende la TV, magari anche ad un tono di volume un po’ alto, così da riempire ogni angolo di silenzio, ogni frazione di incomunicabilità. Si teme non solo di incontrare l’altro accanto, ma anche se stessi. La TV satura e sembra proteggere dal contatto con se stessi e coi propri conviventi.
Altre volte si preferisce coprire col rumore della televisione la confusione relazionale, le domande degli altri e la voce del proprio pensiero. “Grazie” alla TV non si crea spazio per i pensieri e per le emozioni. Orecchi ed occhi sintonizzati sulla televisione per evitare il mondo intorno, per non parlare più, per non sentire più veramente le emozioni: il dolore, la frustrazione, la delusione, l’amarezza, ecc.
Nulla succede nella stanza, qui ed ora, ma tutto accade in TV, in un posto lontano. In un ambiente virtuale rapidamente adattabile alle proprie necessità, sen
A tutti è capitato, prima o poi nella vita, di aver nutrito rancore o di essere stati oggetto di rancore. Il rancore è un sentimento di odio, sdegno, un risentimento profondo, non manifestato apertamente, ma tenuto nascosto e covato nell’animo. I rancori possono essere di breve durata o perdurare nel corso della vita e portare alla perdita o alla distruzione di relazioni importanti. Alcune persone sono maggiormente predisposte nel serbare rancore a causa del loro temperamento e per la scarsa attitudine al confronto durante i conflitti. Altre assumono comportamenti evitanti per non affrontare le proprie e le altrui emozioni.
Ci sono diversi modi per continuare a nutrire rancore. Di seguito i più comuni:
Malintesi e supposizioni
A volte si pensa erroneamente che gli altri abbiano cattive intenzioni quando invece non è sempre così. Se non si è consapevoli delle proprie proiezioni è molto probabile che nasca rancore.
Aspettative irrealistiche
Può accadere di avere grandi aspettative e quando non sono corrisposte ci si sent
Isolamento. Minacce. Umiliazioni. A volte anche abusi fisici. Queste sono le armi del controllo coercitivo, una strategia usata da alcune persone nei confronti del proprio partner. Una relazione che dovrebbe implicare sani sentimenti ed un sostegno amorevole si trasforma in una trappola per il dominio sull’altro. Sebbene il controllo coercitivo possa apparire in una varietà di relazioni, il più diffuso è il caso in cui un uomo usa il controllo coercitivo contro la moglie, la compagna o la fidanzata. Tuttavia, le persone di qualsiasi genere e orientamento sessuale possono essere carnefici o ritrovarsi vittime.
Alcune persone, attraverso il controllo coercitivo, abusano del partner fisicamente e/o sessualmente, ma tante altre usano il controllo coercitivo senza ricorrere alla violenza fisica. Amici e parenti della coppia non sempre sono in grado di cogliere i segni del controllo coercitivo, infatti, chi lo mette in atto si presenta come un ammaliatore.
Le persone vittime del controllo coercitivo diventano ansiose e spaventate. Il controllo coercitivo li priva della loro indipendenza, del senso di sé e dei diritti fondamentali, come quello di prendere decisioni sul pro
La rabbia è un’emozione potente spesso fraintesa. I malintesi sulla rabbia generano inutili condizionamenti e comportamenti disfunzionali. Di seguito sette false credenze che necessitano di essere rivalutate:
La rabbia è un’emozione negativa?
Non è sbagliato sentirsi arrabbiati. La rabbia è un’emozione comune e salutare. In realtà, molte cose positive derivano dalla rabbia dalla quale possono scaturire anche cambiamenti costruttivi.
Rabbia e aggressività sono la stessa cosa?
Molte persone confondono la rabbia con l’aggressività. Mentre sentirsi arrabbiati è sano, i comportamenti aggressivi non lo sono. Esistono modi sani per affrontare la rabbia senza ricorrere a modalità aggressive.
La gestione della rabbia non funziona?
Quando le persone non hanno capacità di gestire la propria rabbia possono avere problemi in tutti gli ambiti della vita. La psicoterapia, individuale o di gruppo, è uno strumento potente che aiuta la persona a divenire consapevole delle proprie dinamiche, a gestire e ridurre le reazioni aggressive.
Tutti i bambini hanno personalità e temperamenti unici, ma quelli che bullizzano i propri genitori hanno tratti davvero peculiari. Di seguito i tre stili prevalenti:
Il bullo provocatore
Tuo figlio si oppone costantemente a te? Ti minaccia? I suoi atteggiamenti rabbiosi ti allarmano?
Questi bambini hanno in prevalenza comportamenti estremamente conflittuali e oppositivi e fanno sempre il contrario di quello che gli viene suggerito o chiesto. Impulsivi, impazienti e imprudenti, i bulli provocatori vogliono solo vivere secondo le proprie condizioni. Respingono in modo aggressivo ogni tentativo dei genitori di gestire il loro comportamento. Ipocriti e pieni di sé, ma con falsa fiducia, provano gusto nel dibattito e sono ostinati a primeggiare in ogni disputa. Per loro “avere ragione” è la priorità piuttosto che vivere nel rispetto e andare d’accordo. Determinati ad andare per la loro strada, non si fermeranno davanti a nulla. Quando si cerca di soverchiare la situazione o ribellarsi alla loro prepotenza possono diventare ossessivi e molesti fin
PROCRASTINAZIONE – La procrastinazione: dieci cose da sapere
Il termine procrastinare deriva etimologicamente dal latino pro (avanti) e crastinus (domani), col significato di “rimandare al domani” allo scopo di temporeggiare o, addirittura, di non fare ciò che si dovrebbe.
Ci sono molti modi per complicarsi la vita e uno di questi è procrastinare. Le persone che procrastinano si danneggiano sabotandosi. Inconsciamente mettono ostacoli sul proprio cammino. Scelgono percorsi che danneggiano le loro prestazioni. Perché dovrebbero farlo?
Dieci cose da sapere:
1. Secondo le ricerche condotte alla DePaul University di Chicago e alla Carleton University di Ottawa, il 20% delle persone ammette di essere un procrastinatore cronico. Procrastinare, infatti, diventa uno stile di vita anche se disadattivo. Coinvolge tutti gli ambiti della vita. Ad esempio, non pagare le bollette in tempo, perdere opportunità favorevoli, non incassare buoni regalo o assegni, presentare la dichiarazione dei redditi in ritardo, etc.
CAMBIAMENTO – Lo Spirito del Natale Passato, Presente e Futuro
Quali cambiamenti puoi suggerire a te stesso?
Era il Dicembre del 1843 quando Charles Dickens pubblicava la raccolta “Libri di Natale” contenente l’ormai celebre “Il Canto di Natale” (titolo originale “A Christmas Carol”). Questa favola, divenuta presto una tra le più famose al mondo, affronta temi esistenziali fondamentali quali il cambiamento, la ritrovata consapevolezza, la redenzione dagli errori passati e la promessa di un domani migliore che può iniziare proprio ora. Perciò, la si può ritenere ancora oggi estremamente attuale.
Questa fiaba racconta la storia di Ebenezer Scrooge, un avaro ed egoista usuraio che la notte di Natale cambierà la sua vita grazie all’incontro con lo Spirito del Natale Passato, lo Spirito del Natale Presente e lo Spirito del Natale Futuro. I tre gli faranno ripercorrere la sua esistenza fino a quel momento, gli mostreranno il misero presente e ciò che accadrà in futuro se non farà nulla per cambiare. Scrooge si risveglierà la mattina più consapevole, aperto a nuove possibilità e con una visione completamente nuova della propria vita.
Prendendo ispirazione da questo racconto, propongo di segui
Quando è stata la prima volta che hai detto “ti amo” a qualcuno? Quando è stata la prima volta che qualcuno lo ha detto a te? Alcune persone provano una tremenda difficoltà ad esprimere questo sentimento. Quali sono i motivi di tanta esitazione? Sembra che sia principalmente la paura ciò che queste persone restituiscono…
Paura dell’impegno
Certe persone avvertono come gravose le parole “ti amo” e non sono pronte a promettere qualcosa che hanno paura di dare. Tanto più il loro partner li stimola con queste parole, tanto meno è probabile che loro le utilizzino. Ci possono essere dei sentimenti, ma la paura dell’impegno impedisce che l’amore sia restituito verbalmente.
Perché alcune persone temono di impegnarsi? Fare una scelta significa anche escludere tutte le altre possibilità. Questo viene percepito come limitante e innesca paura, a prescindere dai sentimenti provati per il partner. Si ha la sensazione che la vicinanza e l’impegno portino con sé ingenti responsabilità. Si avverte la paura di diventare vittime di una serie di costrizioni. Inoltre, il pensiero di dover soddisfare le esigenze
IDENTITÀ – Uomini perfetti: il corpo teatro di emozioni taciute
Così come l’alcolismo era un tempo considerato un problema esclusivamente maschile, i disordini del comportamento alimentare e i disturbi dell’immagine corporea sono spesso erroneamente considerati come problemi esclusivamente femminili. Ad esempio, negli Stati Uniti la metà degli adulti in sovrappeso sono uomini e si stima che più del 25% delle persone con bulimia e anoressia siano maschi. Il National Institutes of Health americano denuncia che almeno un milione di uomini soffrono di disturbi alimentari. Uno sguardo alla letteratura professionale sul tema evidenzia che i disordini alimentari maschili siano stati tradizionalmente non riconosciuti, sottovalutati e generalmente fraintesi.
Durante la crescita, i maschi sono spesso scoraggiati dalla società ad esprimere le proprie emozioni perché considerate, erroneamente, un segno di debolezza. Sono molto più spronati ad essere emotivamente “duri”, “uomini che non devono chiedere mai”, capaci “per natura” di gestire i problemi da soli. In realtà, questa falsa credenza educa alla rigidità emotiva e alla non espressione di se stessi. Infatti, anche i ragazzi, come le ragazze, attraversano nella vita momenti psicologi
La parola “sintomo” è utilizzata nel linguaggio medico per indicare un fenomeno con cui si manifesta uno stato di malessere. In medicina il sintomo è indice di una latenza patologica, di un’irregolarità nel funzionamento ideale dell’organismo. Anche per questo oggi, nella percezione comune, è diffusamente vissuto e considerato soltanto come l’effetto di una condizione incoerente o viziata, da eliminare prontamente. In realtà, il sintomo racchiude in sé un significato più profondo, ma spesso negato. Pertanto, è possibile affermare che il concetto di sintomo implica quello di legame: il legame tra una superficie e la sua profondità inesplorata. Concentrarsi sull’eliminazione o l’annichilimento del sintomo, di fatto, vuol dire negare ogni possibile esplorazione e di conseguenza non riconoscerne la vera radice.
Alcune persone sostengono di “non credere” nella psicologia o nella psicoterapia, ammesso che ne conoscano le differenze, come se richiedessero un atto di fede o si trattasse di una mera ideologia. Questo pensiero tende a negare l’esistenza della dimensione psichica nella nostra vita. Negarne quindi l’evidenza scientifica, la concretezza, così come l’efficacia, è come continuare a considerare l’essere umano s
Nonostante la cultura occidentale abbia fatto numerosi progressi nel de-stigmatizzare la psicoterapia, per tantissime persone risulta ancora difficile, se non addirittura l’ultima opzione possibile, chiedere un aiuto professionale. Infatti, ci sono una serie di strategie che solitamente vengono prese in considerazione prima di ricorrere alla terapia: parlare con amici e/o familiari; cercare un contatto con la propria guida spirituale o religiosa; leggere libri di auto-aiuto; guardare programmi TV che offrono rapide soluzioni per qualunque afflizione; navigare sul WEB cercando diagnosi e risposte “fai da te”; postare domande personali nelle chat rooms, magari in forma anonima, alla caccia di consigli ritenuti attendibili anziché superficiali.
Non si tratta di giudicare o valutare quanto necessarie siano queste risorse. Talvolta, infatti, alcune possono rivelarsi utili in prima battuta. Molte per
RELAZIONI – Sposati col lavoro: quando il lavoro sostituisce gli affetti
Oggi giorno tantissime persone, per svariati motivi, dedicano la maggior parte del proprio tempo e delle proprie energie al lavoro. Questo articolo si riferisce alla situazione specifica di chi vive il lavoro come luogo di rifugio dalle relazioni autentiche e come spazio dove costruire se stessi attraverso il proprio ruolo lavorativo.
Incanalare tutta la propria energia nel lavoro, a discapito delle relazioni, può avere un prezzo elevato. Per alcune persone, essere “sposati” con il lavoro significa molto spesso aver scelto, seppur inconsciamente, di non essere disponibili alla connessione emotiva con gli altri. Sebbene l’idea di una vita impegnata a tenere lontano gli affetti possa risultare terribile, per queste persone è un imperativo. L’eccessiva dedizione al lavoro diventa così un modo per filtrare i contatti emotivi tramite il ruolo lavorativo ed evitare il peso dei legami autentici.
Solitamente la paura, spesso inconscia, dell’intimità, del calore e della confidenza, affonda le sue radici in esperienze emotive infelici che risalgono alla prima infanzia. Spendere una quantità esagerata di tempo ne
Quando parliamo di salute psicologica dobbiamo affrontare quotidianamente una scelta: perseguire il benessere o praticare lo stress. Come psicoterapeuta di frequente mi viene chiesta quale sia “la soluzione” a questi quesiti:
1. Come posso essere felice?
2. Come posso imparare a credere in me stesso e negli altri?
3. Come posso liberarmi dai pensieri ansiosi e concentrarmi sulle mie priorità?
Non esiste “la soluzione” che possa risolvere in ugual modo i problemi di persone diverse. L’esperienza di ognuno di noi è unica ed irripetibile. Per questo inequivocabile motivo non si possono distribuire superficiali e generiche indicazioni adatte a tutti. Invece, approfondire il “dialogo interiore” e lavorare sulle componenti di base per una vita soddisfacente può spianare la strada verso la conquista del benessere emotivo individuale.
I seguenti punti possono aiutare in questo senso:
1. Felicità – La felicità è momentanea e legata ai raggiungim
Anche se la maggior parte delle persone crede che gli anziani non abbiano rapporti sessuali, il mio lavoro con pazienti over 60 sfata questa credenza e rivela come la terza età non sia il capolinea della sessualità e del desiderio. Anche se l’idea di una vita sessuale in età senile può suscitare sentimenti di disagio o essere ritenuta fuori luogo dalle generazioni più giovani, si tratta di una naturale espressione di sé, a prescindere da quanti anni si hanno.
Le persone anziane hanno rapporti sessuali, ma perché è così difficile pensarlo?
La società odierna è prevalentemente orientata su giovinezza, competitività, efficienza ed apparenza. L’idea che le persone anziane possano avere rapporti sessuali non richiamerebbe così l’immagine di vitalità, energia e bellezza celebrata ed esaltata dai mass-media e dal retaggio culturale moderno.
Non piace pensare alla vita sessuale degli anziani o è difficile considerare che esista soprattutto quando si tratta dei propri genitori o nonni. Non si vuole pensare a loro “in quel modo” per motivi che, secondo la prospettiva psic
DEPRESSIONE – Spiegando la mia depressione a mia madre: una conversazione
Opera originale: “Explaining my depression to my mother: A conversation” di Sabrina Benaim
«Mamma, la mia depressione è un mutaforma. Un giorno è piccola come una lucciola nel palmo di un orso, il giorno successivo è l’orso. In quei giorni mi fingo morto fin quando l’orso non mi lascia in pace. I giorni difficili li chiamo “giorni bui”.»
Mamma dice: «Prova ad accendere delle candele.»
Ma quando vedo una candela vedo l’interno di una chiesa, il barlume di una fiamma, scintille di una memoria più giovane di mezzogiorno. Sono in piedi accanto alla sua bara aperta. E’ il momento in cui comprendo che tutti quelli che conoscerò prima o poi moriranno.
«Vedi mamma, non ho paura del buio… forse questa è una parte del problema.»
Mamma dice: «Pensavo che il problema fosse che non riesci ad alzarti dal letto.»
«Non posso, l’ansia mi tiene in ostaggio dentro casa mia, dentro la mia testa.»
Stati d’ansia o esperienze di stress sono sempre più comuni anche nei bambini. Come si possono aiutare i propri figli ad affrontare questi stati emotivi?
1. Incoraggiare i bambini ad affrontare ed esprimere le paure
Quando si prova paura, cercare di evitarla può diventare un automatismo. Tuttavia, fuggire dalle situazioni ansiogene contribuisce a mantenere alto il livello d’ansia. Invece, quando un bambino vive e sperimenta i propri timori, l’ansia percepita si riduce spontaneamente nel tempo. Il corpo umano non è programmato per rimanere in uno stato d’ansia per lunghi periodi, infatti, l’agitazione si riduce entro 20-45 minuti se si sceglie di affrontare la situazione ansiogena. E’ inoltre fondamentale invitare il bambino ad esprimere il proprio stato d’animo ed essere aperti e disponibili all’ascolto. Se il bambino sente preoccupazione o spavento non è di alcun conforto rispondergli “No, non lo sei!”. In questo modo gli si fa credere che non lo si sta ascoltando e, peggio ancora, si consolida il lui la percezione
Come resistere all’impulso di “spendere, acquistare e consumare”?
Attualmente sempre più prodotti non sono venduti per le loro caratteristiche tecniche o utilitaristiche, ma piuttosto per il temporaneo sollievo psicologico che procurano. Molte persone fanno affidamento sullo “spendere, acquistare e consumare”, fino ad esserne anche dipendenti, come fosse una sorta di “stampella psicologica”. Attraverso gli oggetti si tenta di comprare un’immagine di sé e definire il proprio valore. Gli oggetti di consumo si trasformano così in dichiarazioni di qualità personali. È una questione di identità, immagine e valore che si attribuisce a se stessi attraverso ciò che si acquista, un modo per definire se stessi, compensare mancanze, gestire emozioni o sostituire un senso di vuoto interiore. L’avere sostituisce l’Essere.
Essere presenti e consapevoli dell’impegno verso se stessi
Fare ricorso a strategie pratiche che possono essere utilizzate quotidianamente per affrontare l’emergenza dell’impulso ad acquistare. Una tecnica può essere, ad esempio, quella di scrivere un diar
Propongo il video realizzato da Emanuel Pellegrini per TAXI1729 con l’intento di mettere in luce alcuni aspetti psicologici sui quali fanno leva le campagne pubblicitarie sul gioco d’azzardo. Il fenomeno della dipendenza da gioco è in costante aumento provocando disagi e problematiche individuali, famigliari e sociali.
Vorrei inoltre sottolineare che, intrinseco all’approccio psicologicamente manipolatorio di questa forma di pubblicità, si annida un altro e più complesso problema. Il gioco d’azzardo, in tutte le sue forme, costituisce una vera e propria trappola per le persone fragili, in difficoltà emotiva ed economica. Ciò detto, chi propone questa forma di “svago” si premura esclusivamente di vendere il proprio business, incurante delle gravi conseguenze per la salute psicologica e dei costi di recupero, sia in termini economici che di impegno individuale per riconquistare gli affetti e le relazioni che la dipendenza da gioco strappa alla vita. Se si considerassero tutti questi aspetti si vedrebbe allora la realtà: il gioco d’azzardo è perdere, è smarrirsi, è un grande debito per tutti. Un business che viene dunque perpetrato ai danni della salute delle persone e
Quando si ha un rapporto difficile con il cibo vi è una buona probabilità che vi sia anche una storia di rapporti affettivi che non funzionano bene o non sono stati soddisfacenti. A questo si aggiunge la tendenza ad ossessionare e ad essere eccessivamente richiedenti con il proprio partner, ritenendolo la sola persona al mondo che può dare sicurezza e sopperire all’angoscia di solitudine. Si può avere la sensazione di essere vivi e stimati solo quando si pensa di essere innamorati… ma le relazioni faticano a sopravvivere e continuano a cadere a pezzi una dopo l’altra.
Quando la situazione precipita, può capitare di rivolgersi al cibo per sentirsi “meglio”. L’ex partner potrebbe non essere presente, ma forse una confezione di gelato al cioccolato contribuisce ad alleviare la solitudine. Con buona probabilità ci si potrebbe sentire dipendenti dal proprio “cibo di confort”, che si tratti di gelato o qualcos’altro naturalmente. Calmare il dolore per un disastro sentimentale raggomitolandosi sul divano, chiudendosi in se stessi, con una grossa porzione del proprio “cibo di confort” può sembrare un cliché, ma la connessione tra cibo e amore, tra nutrim
Spesso la vita di tutti i giorni porta in sé ansie e preoccupazioni e di conseguenza la mente è impegnata in un “chiacchiericcio” incessante. Può accadere di ritrovarsi imprigionati in un circolo vizioso di ruminazioni in cui si continuano a ripetere interiormente emozioni e ricordi angosciosi.
Così come un criceto intrappolato sulla ruota di un dolore emotivo che corre senza mai arrivare in nessun luogo, la ruminazione mentale non dà accesso a nessuna nuova visione delle cose che possa risanare le ferite psicologiche.
Gli orientali utilizzano il termine “monkey mind”, traducibile letteralmente in “mente di scimmia” per descrivere il carattere instabile, inquieto ed incontrollabile del logorio mentale. Una semplice e basilare meditazione per interrompere la “monkey mind” è prestare attenzione al proprio respiro; divenire consapevoli dell’inspirazione e dell’espirazione. Con la pratica regolare di questo semplice esercizio si radica la mente nel momento presente, il qui ed ora, per ristabilire la chiarezza mentale e la calma, piuttosto che inserire il pilota automatico e farsi guidare da esperienze passate negative o dalle aspe
CONDIZIONAMENTI – La conoscenza di sé e il “bambino del passato”
Gli adulti sono lo specchio del mondo dei bambini
In difesa dei bambini che siamo e che siamo stati
In genere la nostra cultura tende a sminuire il bambino e quello che prova e sono pochi coloro che sfuggono a questo modo di pensare. È inevitabile che genitori e i caregiver (coloro che si prestano alle cure educative del bambino) siano portatori di atteggiamenti derivati dalla cultura dominante e per questo non li si può ritenere colpevoli di comportamenti che riflettono soltanto tendenze della società.
La nostra cultura esprime costantemente un giudizio morale sui bambini, dividendoli in “buoni” e “cattivi”. Il mondo degli adulti pretende che i bambini si assumano alcune piccole responsabilità a riconoscimento delle cure e delle “comodità” concesse, ma la pretesa degli adulti impone al bambino di non rispettare la responsabilità che il bambino stesso ha verso il proprio mondo. E’ luogo comune ritenere che i bambini vivano una vita felice, spensierata e senza problemi. In realtà il bambino affronta anche periodi di crisi, di ev
ADOLESCENZA – Alcolismo giovanile: l’illusione di potersi accettare
Il fenomeno dell’alcolismo non esclude adolescenti e pre-adolescenti che, influenzati da pressioni sociali, mediatiche e pubblicitarie, si avvicinano all’alcol ricercando intenzionalmente l’ebrezza fino ad ubriacarsi.
Tra le nuove forme di consumo ha preso sempre più piede tra i giovani il Binge Drinking, ovvero l’abbuffata alcolica, in cui ragazzi e ragazze ingeriscono intenzionalmente e in poco tempo differenti bevande alcoliche fino a perdere il controllo. Tra i motivi di questo comportamento c’è un bisogno adolescenziale di star bene con gli altri e di integrarsi socialmente, ma anche un modo per ricercare sollievo, disinibizione o per allontanare problemi, insicurezze e sentimenti di inadeguatezza personali, considerando l’alcol una sorta di rimedio per fuggire dalla solitudine o da stati d’animo negativi.
Un altro approccio estremo è la Drunkoressia. I giovani, soprattutto le ragazze, bevono molto fino ad anestetizzarsi per annullare il senso di fame e l’inquietudine emotiva. Questi adolescenti rinunciano intenzionalmente al cibo per compensare l’apporto di calorie che intendono a
INFELICITÀ – Gli 8 Atteggiamenti negativi dell’infelice cronico
Gli 8 atteggiamenti che predispongono all’infelicità cronica
Talvolta nella vita tutti noi sperimentiamo pensieri negativi. Come gestiamo i nostri atteggiamenti può determinare la differenza tra la fiducia o la paura, la speranza o la disperazione, la padronanza o il vittimismo, la vittoria o la sconfitta. Molteplici studi hanno rivelato come gli atteggiamenti negativi cronici possono andare a discapito della salute, della felicità e del benessere. Qui di seguito riporto otto pensieri negativi comuni alle persone cronicamente infelici, estratti dalle ricerche del Prof. Preston Ni.
1. La conversazione autolesionistica
Il linguaggio autolesionista è costituito da messaggi, inviati a noi stessi, che riducono la propria fiducia, debilitano le proprie capacità, abbassano il proprio potenziale rendimento e in ultima analisi, sabotano il proprio successo.
Il classico esempio di dialogo autolesionistico include frasi che incominciano con:
Il Binge Eating Disorder, o sindrome da alimentazione incontrollata, è un disturbo psicologico del comportamento alimentare che spinge il soggetto a compiere grandi abbuffate, in modo veloce e vorace, finché non è completamente sazio (sazietà percepita).
Nonostante tutto quello che gli annunci e le pubblicità di diete o prodotti per la linea dicono, entrare in un bikini “taglia zero” non dovrebbe essere il principale scopo nella vita. Né questo falso obiettivo aiuterà a raggiungere la gioia, l’autostima, la serenità o la fiducia in voi stessi. La nostra cultura pone una tale enfasi sull’apparenza che è difficile non lasciarsi influenzare da quella che è soltanto una versione, un’interpretazione della bellezza secondo la società moderna. Una proiezione ideale sostenuta dalla pubblicità e dai Media che a loro volta sono approvvigionati dall’industria multimiliardaria delle diete e dei prodotti associati.
1. Lo PSICOLOGO, se è solo psicologo, non è autorizzato a fare alcun tipo di psicoterapia. Dovrebbe occuparsi della sola psicologia attiva, di psicologia di comunità e delle organizzazioni, ecc…
Spesso le persone dicono: “devo andare dallo psicologo” e intendono invece dire che desiderano fare una psicoterapia. E’ una confusione che può nuocere molto.
2. In Italia, tutti i professionisti che fanno terapia psicologica, cioè senza utilizzare farmaci, si chiamano per legge, PSICOTERAPEUTI ma tra di loro ci sono differenze sostanziali. Quindi passiamo ai punti successivi.
3. Il terzo punto è la differenza tra chi ammette l’importanza dell’INCONSCIO nella formazione dei sintomi e chi non la conosce o non la considera. I primi appartengono all’area della PSICOANALISI pur con una serie di distinguo, e ritengono che per atten
AZZARDOPATIA – Il Binge-Gambling. Un’altra faccia del Gioco d’Azzardo
Che cos’è, come si innesca e quali sono le differenze rispetto alla dipendenza cronica
La maggior parte di voi leggendo il titolo di questo articolo avrà associato il termine Binge al noto disturbo che comporta grosse ed irrefrenabili abbuffate di cibo (Binge Eating) o di alcolici (Binge Drinking). Tali comportamenti sono ben noti nella letteratura psicologica e anche nella cultura popolare. Un disturbo meno noto ma con molte dinamiche in comune coi due precedenti è il ciclo Binge nel gioco d’azzardo (Binge-Gambling). Ci sono molte analogie con gli altri comportamenti Binge, inclusi la perdita del controllo, l’alterazione dell’umore, il conflitto personale, i sintomi di astinenza, la negazione, ecc..
Tuttavia ci sono anche delle chiare distinzioni da fare.
Mentre la quantità di alcol e cibo possono essere quantificate e misurate in termini di fattori fisici (ad esempio l’efficienza organica, il peso, il tasso metabolico) e sono quindi soggetti a limitazioni fisiche, la quantità di denaro speso al gioco d’azzardo, seppur anch’essa limitata, è legata alla disponibilità di denaro del giocatore
Il disagio psichico, affettivo o emotivo si esprime anche attraverso il corpo
C’è un antico detto ormai popolare del poeta romano Giovenale che recita: “mens sana in corpore sano”.
La salute del corpo è infatti indissolubilmente legata alla salute della mente e viceversa. La società, sempre più di impronta materialista, ha fatto dimenticare questa basilare e imprescindibile cultura dell’Essere al centro del proprio mondo e “comandante” principale del proprio corpo. Si ha sempre più l’abitudine a vedere se stessi soltanto come il proprio corpo. Tale grave dissociazione consente una visione soltanto parziale della nostra complessità.
Di seguito un interessante articolo in proposito. Buona lettura!
Certe emozioni dolorose e intollerabili possono provocare uno stato di iper-attivazione persistente costringendo il corpo a mantenere una condizione di emergenza conti
La maggior parte delle persone usa la parola “depressione” per descrivere molte esperienze distinte e separate quali il dolore, la delusione, momenti di infelicità, la reazione ad un evento spiacevole ecc…
Quando utilizzo il termine “depressione” mi riferisco alla “depressione clinica”, il tipo di sofferenza mentale ed emotiva che viene diagnosticata da uno specialista della salute (psicologo, psicoterapeuta, medico psichiatra). Ho visto tante persone depresse nel corso degli anni e sulla base della mia esperienza ritengo plausibile delineare le radici della loro sofferenza in tre differenti aree, che non sempre sono da considerarsi distinte ma spesso si sovrappongono e si mescolano in vari modi.
Di seguito propongo una riflessione su 3tipi di depressione e sulle loro origini, con l’intenzione di delinearne meglio le caratteristiche.
1. La rabbia post-bellica
A cominciare da Freud, gli psicoterapeuti hanno frequentemente notato il collegamento tra rabbia e depressione descrivendo questo specifico stato emotivo come “la rabbia rivolta all’interno”.
INSUCCESSO – L’insuccesso, un severo maestro di vita
L’insuccesso è un’esperienza umana molto comune, nessuno di noi arriva all’età adulta senza aver sperimentato il fallimento e senza essersi confrontato con il proprio modo di reagire alla sconfitta. A tutti capita di sbagliare o non raggiungere un obiettivo prefissato. La reazione personale a queste situazioni risulta fondamentale per la realizzazione nella vita. La nostra felicità, il nostro benessere, individuale e collettivo, dipende anche da questo. Il fallimento ferisce, delude sempre, ma rappresenta anche un’esperienza formativa, educativa ed indispensabile alla crescita se si comprende cosa è necessario fare di diverso per il proprio futuro. Per questo è importante capire quali reazioni e conseguenze ha su di sé l’insuccesso, quali sono le ferite psichiche che provoca e quali sfide emotive si devono affrontare per risanare la propria identità psicologica. Quando viviamo l’insuccesso la nostra salute psicologica si trova davanti ad un pericolo e alla necessità di prendersi cura di se stessi.
Gli insuccessi infliggono ferite psicologiche che agiscono su determinati aspetti del sé:
LUTTO – L’intervento psicologico al malato terminale
La realtà della malattia in fase avanzata e terminale si presenta con caratteristiche di complessità e multi-dimensionalità, definibili come il risultato di una serie di fattori biologici, psicologici e sociali, non scindibili tra loro. Ciascuno di essi assume significato proprio perché connesso inestricabilmente agli altri. I diversi aspetti, sia organici che psicologici, sono vissuti con molta intensità dal malato e dalle persone a lui vicine. E’ pertanto evidente come la competenza psicologica sia importante per poter sviluppare la capacità di saper contenere ed elaborare tensioni e sofferenze nel modo migliore possibile.
Il paziente terminale è un individuo che vive la vicinanza alla morte e per questo si trova alle prese con l’esperienza più grande e importante di tutta la vita. In lui non sono presenti solo le necessità di chi è malato, ma anche i bisogni del morente. In tal senso l’intervento va colto nella sua dimensione globale ed olistica e deve necessariamente collocarsi al servizio della soggettività del paziente, spostando l’attenzione dalla malattia alla persona del malato e ai suoi vissuti emotivi.
NATALE – Infelicità natalizia: alcuni accorgimenti per cambiare prospettive
9 riflessioni per cambiare il proprio “umore nero”
Le festività natalizie possono essere molto difficili per le persone che provano infelicità, malinconia, depressione. Secondo una statistica di recente pubblicazione, negli Stati Uniti il 45% degli intervistati dichiara di temere il periodo natalizio e di provare difficoltà emotive ricorrenti durante questo momento dell’anno.
Il freddo austero dell’inverno, il clima di festa natalizia non sempre condiviso o altri motivi possono rendere la fine dell’anno un momento difficile per chi sta affrontando sfide emotive o di relazione. Una delle cause principali di questo diffuso “umore nero” è da ricondurre alle proprie aspettative fiabesche di difficile realizzazione.
Risuonano ancora i sublimi desideri del “bambino del passato”, in grado di canalizzare l’immaginazione attraverso la magia di addobbi, luci, colori, tradizioni religiose e diverse attività natalizie, che trasformavano le proprie fiabesche aspettative in gioia,
Molte persone vivono per vedere comparire lo spettacolo di pura gioia sul volto dei propri figli e nipoti. Per coloro che celebrano il Natale, scartare i regali rappresenta una di quelle occasioni.
A volte, l’apertura dei regali può essere un momento in cui i bambini manifestano invece delusione, spostando l’attenzione da ciò che hanno ricevuto, fino a lamentarsi per ciò che non hanno. In questi casi, diversi fattori psicologici, sociali e ambientali si combinano e possono sfociare nel Christmas Gift Binge – traducibile come “abbuffata di regali natalizi” – che si distingue per la spiccata ingordigia materiale e la mancanza di apprezzamento.
Di seguito alcune riflessioni per salvaguardare i bambini e orientare gli adulti a non rimanere invischiati nel Christmas Gift Binge, un’autentica sindrome da avidità natalizia. Il proposito è di far riconoscere ai bambini che le cose che compriamo non sono il fondamento della nostra gioia.
1. Moderare l’avidità natalizia
Il Natale non dovrebbe essere il momento del premio annua
SENSO DI COLPA – Il peso psicologico del senso di colpa
Il senso di colpa irrisolto ed i suoi effetti malsani
La funzione primaria del senso di colpa è di avvertire noi stessi che abbiamo fatto o stiamo per fare qualcosa che va contro i nostri principi (ad esempio comprare qualcosa che non rientra nel budget, giocare ai videogiochi invece di lavorare, imbrogliare, ecc…) o nuoce direttamente o indirettamente a qualcuno.
Grazie alla sua sgradevolezza il senso di colpa svolge la fondamentale funzione di preservare le nostre relazioni personali, familiari e di comunità. Ad esempio, quando feriamo una persona con un comportamento aggressivo o irrispettoso, il senso di colpa ci avverte della sua fragilità compromessa, riporta all’attenzione la sua importanza e induce a scusarci per il bisogno di riparare la relazione.
Prima di considerare il senso di colpa per il suo ruolo costruttivo originale è bene comprendere che non tutte le dinamiche scaturite dal senso di colpa possono essere benefiche a lungo termine. Se in giuste dosi il senso di colpa può essere d’aiuto e costruttivo, in dosi più elevate diviene un predone che avvelena la serenità e le relazioni a noi più care.
RAPPORTO DI COPPIA – Risposta alle domande più frequenti
Le dinamiche dell’innamoramento nel rapporto di coppia
Ci si innamora per caso?
Spesso ci succede di essere attratti in modo quasi immediato di una persona che magari conosciamo da poco tempo.
Perché si innescano questi meccanismi per cui due individui si attraggono inconsapevolmente?
L’attrazione, per capirci la chimica, non nasce per caso! Si è già predisposti inconsciamente a quel tipo di persona (non a quella persona ma a quel tipo di persona). Da un punto di vista psicoanalitico le motivazioni sono riconducibili al proprio inconscio storico.
Cos’è l’inconscio storico?
Ognuno di noi, fin dalla nascita, vive ed alimenta un inconscio parallelo che spesso si incastra e si estrinseca nella vita reale tanto da condizionare le nostre scelte.
Dal terzo anno di vita il nostro inconscio storico traccia una sorta
Come si fa a guarire dal mal d’amore, smettere di soffrire se ti sei innamorato e non vieni ricambiato?
Una delle domande che più spesso mi viene rivolta su questo argomento è: “Come si fa a guarire di mal d’amore, smettere di soffrire se ti sei innamorato e non vieni ricambiato?”.
Ci si innamora nel momento in cui si trova una persona che si ritiene con le caratteristiche giuste, quella ideale per se stessi, quella che meglio rappresenta i propri desideri o le proprie aspettative. L’innamorato è attratto della persona con la quale pensa di costruire un nuovo progetto di vita insieme, di chi gli fa intravedere una nuova futura possibile esistenza. Inizia così un momento creativo condiviso e perseguito con il partner. Il soggetto si sente di avere un’affinità profonda con la persona amata e vive l’amore come qualcosa che contribuisce all’armonia del mondo, alla perfezione del “suo” universo.
Se la relazione d’amore non è più condivisa, la persona rifiutata si sente abbandonata e vede tradito il patto d’amore, lo scambio di pro
MULTITASKING – Influenze mentali derivanti dall’uso dei Media
Un caso di studio sul Media Multitasking dei ragazzi in via di sviluppo
Cos’è il Media Multitasking o M2?
Il Media Multitasking comporta l’uso di TV, il Web, radio, telefono, stampa, o qualsiasi altro supporto in combinazione l’un con l’altro. Indicato anche come “l’uso dei media simultaneo,” o “multicommunicating,” questo comportamento è emerso come sempre più comune, soprattutto tra i più giovani utenti dei media – Wikipedia
Nota: condivido con voi questo interessante articolo, pioniere di quello che è un argomento sempre più discusso e ancora largamente studiato e in via di sviluppo. L’articolo che vi propongo oggi è da leggere a scopo informativo, come sempre, perché non si vogliono dare giudizi o soluzioni ma soltanto spunti di riflessione e argomenti utili al confronto. Il tema del rapporto con le nuove forme di comunicazione è davvero vasto e molte persone mi hanno chiesto di affrontarlo. Ho deciso di incominciare con questo aspetto relativo all’influenza dell’uso massiccio del Multitasking dei Media nella nostra v
MORTE – Osservazioni sulla centralità della morte nell’esperienza di vita
Sebbene la morte fisica ci distrugga, l’idea della morte può salvarci
La paura della morte filtra sempre da sotto la superficie. Ci accompagna per tutta la vita e pertanto erigiamo difese, molte basate sulla negazione, per aiutarci ad affrontare la consapevolezza dell’ineluttabilità della fine dell’esperienza di vita. Ma non possiamo tenerla lontana dalla mente, può esprimersi nelle nostre fantasie e nei nostri sogni, in ogni incubo c’è l’impronta inconfondibile della morte. La transitorietà terrena è ineliminabile.
Esistono molte buone ragioni per le quali dovremmo affrontare la morte nel corso della psicoterapia. Data la necessità di esplorare noi stessi in profondità, del corso e del significato della nostra vita, la centralità della morte nella nostra esistenza, oltre al fatto che la vita e la morte sono interdipendenti, come possiamo negarla o rimandare di affrontare questo tema?
Da sempre gli uomini si sono resi conto che ogni cosa svanisce, hanno paura di questo oblio e devono trovare un modo per vivere nonostante la paura della dissoluzion
INSONNIA – Insonnia: un possibile approccio risolutivo
L’approccio costruttivo personalizzabile e la comprensione del disagio
Un buon riposo notturno è fondamentale per la salute. Per alcune persone, purtroppo, una notte insonne è la norma: da una recente indagine più di 12 milioni di persone in Italia soffrono infatti di Disturbi del Sonno.
Per disturbo del sonno si intende quella condizione in cui i ritmi del sonno sono anomali al punto da interferire con il corretto funzionamento fisico, mentale ed emotivo: lo stress o l’ansia possono essere la causa di una notte insonne ed anche di una serie di altri problemi. Insonnia è il termine clinico che descrive la difficoltà ad addormentarsi e/o a mantenere il sonno, a svegliarsi troppo presto senza riuscire a riprendere sonno o all’impossibilità di sentirsi riposati al risveglio.
I disturbi del sonno non dipendono solamente dalle abitudini e dallo stile di vita ma molto spesso hanno origine psicologica. Angoscia, ansia, depressione, stress e preoccupazioni influiscono sul nostro stato d’animo sia nel
Le principali caratteristiche e cause del Dismorfismo Corporeo
Ognuno di noi nella vita di tutti i giorni guardandosi allo specchio è consapevole del proprio corpo riconoscendone bellezze o difetti. In alcuni momenti può essere capitato di desiderare una parte del proprio corpo un po’ diversa da quella che è realmente, di pensare ad esempio che le proprie cosce siano troppo grandi, la pelle non sia perfetta o il naso abbia quella irregolarità. Questo tipo di pensiero è piuttosto comune e possibile. Tuttavia diventa un problema quando comincia a governare la propria vita. Si diventa totalmente preoccupati per quella parte del proprio corpo che si pensa non vada bene e queste credenze interferiscono gravemente con la qualità della propria vita. Questo tipo di preoccupazione eccessiva per una parte del proprio corpo, per un difetto fisico reale o presunto, può essere classificato come Disturbo di Dismorfismo Corporeo o altrimenti detto Dismorfismo Corporeo.
L’insorgenza del Dismorfismo Corporeo di solito inizia in adolescenza o in gioventù, periodo in cui le persone sono generalmente più sensibi
Normalità e pazzia: la cultura del giudizio e la standardizzazione dell’opinione del giusto
E’ molto diffuso, nella cultura occidentale, il concetto di “normalità”. La persona “normale” è intesa come giusta o sana mentalmente oppure “non pazza”. La pazzia (non normalità) è infatti spesso associata a tutti quei comportamenti o disturbi che non sono allineati alla standardizzazione delle tradizioni sociali e comportamentali territoriali o famigliari.
Esempi di come questa associazione sia di per sé discutibile li si scopre facilmente viaggiando. Accettando di visitare, di prendere in considerazione gli stili di vita di altre culture e tradizioni, è facile incorrere in qualche comportamento che risulti bizzarro agli occhi di chi ha ben radicato nei propri dettami il proprio concetto di normalità. Mentre per un italiano ad esempio ruttare a tavola è un chiaro e volgare segno di maleducazione in altri paesi è considerato un segnale di apprezzamento del cibo, così come mangiare a bocca aperta o emettere suoni durante il pasto, ecc…
Ovviamente la “normalità” non è riferita soltanto al giudizio dei comportamenti di tutti i giorni ma soprattutto a quelli che sono i modi di p
SEPARAZIONE – Separazione e Figli: gli 8 fattori protettivi
Di fronte alla separazione dei genitori quasi tutti i figli sono tristi. Questo non significa che saranno inevitabilmente infelici per una vita intera. Infatti, la grande maggioranza non si troverà, negli anni successivi, in condizione di svantaggio rispetto alle famiglie intatte per ciò che riguarda, ad esempio, le capacità relazionali, il successo a scuola o nel lavoro. Questo è stato dimostrato da due ampie ricerche statunitensi sulle dinamiche del divorzio, che hanno accompagnato ed osservato figli di genitori separati nell’arco di decenni (Hetherington e Kelly, 2002; Wallerstein, Lewis e Balkeslee, 2000). Questi studi hanno però anche riscontrato che nei figli di coppie separate sussiste un maggior rischio di problematicità e difficoltà nel gestire la propria vita se i genitori non si attengono ad alcune regole di comportamento.
Per mantenere la serenità e il benessere, anche futuri, dei propri figli, i genitori devono compiere maggiori sforzi di quelli che sono necessari nelle famiglie intatte. Se i genitori ci mettono quest’impegno, non hanno nulla da rimproverarsi per il fatto che la famiglia che avevano creato si è dissolta.
INFANZIA – Il ruolo materno nello sviluppo infantile
Le cure e l’amore materno rappresentano un elemento fondamentale nello sviluppo psicologico esercitando un ampio effetto positivo sullo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale del bambino.
“Dove c’è un bambino vi sono anche delle cure materne che lo tengono in vita”. Con queste parole lo psicanalista inglese Donald Winnicott sintetizza il suo pensiero riguardante lo sviluppo psichico e fisico del bambino. È importante quindi considerare il ruolo della madre come centrale per la crescita: a lei spetta il compito di fornire gli strumenti necessari al neonato per seguire l’evoluzione e la maturazione cui egli è geneticamente predisposto. E’ possibile pertanto affermare che la madre è insostituibile e primaria per lo sviluppo e l’emancipazione del proprio bambino, infatti, grazie alla sua sensibilità, precede, interpreta e fronteggia efficacemente i bisogni del figlio favorendo le condizioni necessarie al suo sviluppo fisico e psicologico.
La madre risulta capace di anticipare e provvedere alle necessità del figlio favorendo le condizioni indispensabili al s
DEPORTAZIONE – Il trauma psicologico della deportazione
Il rientro a casa e la necessità di esternare per riconquistare un’identità
Quando finalmente i Lager nazisti vennero aperti, dopo la liberazione da parte degli Alleati nel 1945, quelle che si potrebbero definire le felici circostanze della finita prigionia sono state invece per i deportati dense di sofferenza. Le numerose testimonianze ci raccontano come la desiderata libertà e il ritorno a casa racchiudono numerose difficoltà. Gli ostacoli non riguardano solamente il tentativo di riacquistare le forze fisiche perdute, ma di ritrovare le energie psichiche per affrontare la ricostruzione della propria personalità. La liberazione concreta e l’uscita dal Lager non coincidono con la liberazione della persona: il rientro a casa, il bisogno di ristabilire i contatti con il mondo e le persone, la necessità di essere come gli altri e di essere accettati dagli altri sono le tappe di un lungo cammino verso la riconquista della propria dignità. Dominati da un enorme edificio di violenza e minaccia, gli ex deportati percepiscono, una volta liberati, di essere stati derubati della propria identità: la prigionia ha trasformato i pensieri e i desideri, tutto si r
DISPOSOFOBIA – Smarrire l’identità tra i propri oggetti
“Senza queste cose, non sono nulla” – Un paziente disposofobico
Nella maggior parte delle società occidentali, l’interazione tra le persone e ciò che possiedono rappresenta un’aspetto centrale della vita. Si possono trovare casi di disposofobia in ogni parte del mondo e se ne hanno tracce descrittive già a partire dal XIV secolo. La disposofobia però non è mai stata così tanto diffusa e visibile nelle culture occidentali come adesso. L’abbondanza di oggetti poco costosi e la diffusione della cultura consumistica la rendono il disturbo del decennio.
Per molte persone è una gran fatica disfarsi delle proprie cose, anche delle più inutili, così tante volte oggetti rotti o inutili si accumulano nei cassetti, negli armadi e nelle soffitte. In questo articolo non intendo però parlare di una “innocente” tendenza, ma desidero tracciare il confine psicopatologico di quei soggetti che sono in grado di trasformare un appartamento altrimenti spazioso in un dedalo di stretti corridoi tra pile di cianfrusaglie e cumuli di oggetti.
Lo sviluppo psicologico dell’individuo: la personalità di base si intreccia con le inevitabili influenze dell’ambiente
Gli stress e i conflitti emotivi sono rappresentati nel corpo che diventa la chiave per arrivare a conoscere ciò che comunemente è chiamato carattere.
Wilhelm Reich, medico e psichiatra austriaco, allievo di Sigmund Freud, integrando le scoperte della psicoanalisi e sulle nevrosi e partendo dal concetto di energia libidica, sviluppò il concetto di energia orgonica, una forma di energia vitale che scorre liberamente lungo tutto il corpo. Questa energia è essenziale sia per una naturale interazione fra corpo e mente, sia per il controllo degli stati fisici e di quelli mentali. La quantità di energia di cui si dispone e l’uso che se ne fa determinano il modo in cui rispondiamo alle situazioni della vita: il libero scorrere dell’energia vitale si traduce in uno stato di piacere e gioia di vivere, viceversa rigidità e tensione limitano l’emotività e la libera espressione dei sentimenti.
Reich, rilevando una relazione tra processi psichic
Lo sviluppo dell’individuo, dalla nascita fino all’età adulta, può essere descritto come un passaggio graduale che va dalla condizione di totale dipendenza verso l’indipendenza. Questo cammino è stato studiato e descritto dallo psicoanalista inglese Donald W. Winnicott e suddiviso in tre importanti momenti di crescita:
1. Dipendenza assoluta
L’infante è completamente dipendente per la propria sopravvivenza dalle cure materne e non ne ha alcuna consapevolezza essendo incapace di distinguere l’altro da sé;
2. Dipendenza relativa
Il bambino inizia ad essere consapevole di una qualche separazione tra sé e l’altro e così scopre la sua dipendenza. È uno stadio d’adattamento ad un graduale venir meno dell’adattamento materno, che deve essere calibrato in base alla rapidità degli sviluppi manifestati dal bambino. Compare l’ansia legata alla capacità di co
AMORE – Estratto da: L’arte di amare di Erich Fromm
Amore: la risposta al problema dell’esistenza umana
L’amore è un sentimento attivo, non passivo; è una conquista, non una resa. Il suo carattere attivo può essere sintetizzato nel concetto che amore è soprattutto “dare” e non ricevere.
Che cosa significa dare?
La risposta sembra semplice, ma in realtà è carica di ambiguità e di complicazioni. Il malinteso più comune è che dare significhi “cedere” qualcosa, essere privati, sacrificare.
La persona il cui carattere non si è sviluppato oltre la fase ricettiva ed esplorativa, sente l’atto di dare in questo modo. Il “tipo commerciale” è disposto a dare, ma solo in cambio di ciò che riceve; dare senza ricevere, per lui significa essere ingannato. La gente arida sente il dare come un impoverimento. La maggior parte degli individui di questo tipo, di solito sì rifiuta di dare. Alcuni trasformano in sacrificio l’atto di dare. Sentono che solo per il fatto che è penoso dare, si dovrebbe dare; la virtù, per loro, sta nell’accetta
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.AcceptReject AllRead More
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.